Neruda






SCHEDA TECNICA__________________

regia
Pablo Larraín
sceneggiatura
Guillermo Calderón
fotografia
Sergio Armstrong
montaggio
Hervé Schneid
scenografia
Estefanía Larraín
musica 
Federico Jusid
costumi
Muriel Parra
suono
Miguel Hormazábal
Rubén Piputto (supervisore suono)
interpreti
Luis Gnecco... Pablo Neruda
Gael García Bernal... Óscar Peluchonneau
Mercedes Morán... Delia del Carril
Diego Muñoz... Martínez
Pablo Derqui... Víctor Pey
Michael Silva... Álvaro Jara
Jaime Vadell... Jorge Alessandri
Alfredo Castro... Gabriel González Videla
Marcelo Alonso... Pedro Domínguez
Francisco Reyes... Bianchi
Alejandro Goic...  Jorge Bellet
Emilio Gutiérrez Caba... Pablo Picasso
(…)
produttore
Juan de Dios Larraín
Peter Danner
Renan Artukmaç
Alex Zito
Juan Pablo García
Ignacio Rey
Gastón Rothschild
Fernanda Del Nido
Jeff Skoll
Jonathan King
Axel Kuschevatsky (co-produttore)
Cristián Cardoner (co-produttore)
Javier Beltramino (co-produttore)
Marc Simoncini (co-produttore)
Mariane Hartard (produttore esecutivo)
Rocío Jadue (produttore esecutivo)
Eduardo Castro (line producer)
produzione
Fabula
AZ Films
Funny Ballons
Setembro Cine
RTVE (partecipazione)
Movistar + (partecipazione)
Elipsis Capital (partecipazione)
distribuzione italiana
GOOD FILMS
uscita (Italia)
13 ottobre 2016

Pablo Larraín - regista









Comincio questa mia “appassionata considerazione” indegnamente, da un editoriale apparso sul settimanale Film Tv (n° 44/2016, 6 novembre 2016) firmato dal direttore Gervasini. Perché voglio dare inizio a questo racconto col suddetto editoriale? Perché, ancora molto ben impressionato dal film Il club, apprendo che Pablo Larraín, regista e suo fratello Juan de Dios, produttore sono figli di genitori molto legati al dittatore Pinochet e al suo regime. Questa cosa mi inquieta. Ebbene l’estensore dell’articolo sembra indispettito per un probabile boicottaggio nei confronti dei fratelli cineasti cileni, boicottaggio concepito da ignoranti prevenuti, condizionati un becero pregiudizio. Quindi segue un leggero attacco nei confronti di questi giudici ignoranti, spargendo anche un pizzico di sarcasmo; ma figuriamoci: chi te li tocca i cileni. Questo me lo dovevo, ora arriviamo al dunque: il film, Neruda, si incastra tra il già citato e mai sufficientemente lodato Il club e il nuovo lavoro, l’ultimo e primo in lingua inglese ovvero Jackie, il bello e lussuoso biografico su Jacqueline Kennedy. Tra Il club e Neruda c’è una precisa impronta, sono inquadrati in uno stesso filone e se ne percepisce una sorta di continuità stilistica (compreso l’inconcepibile e fastidioso vezzo del controluce) o politica sulla Storia del suo Paese, mentre il film sulla “first lady” americana affronta un tema psicologico ma lontano dalle questioni sudamericane. Jackie tratta i giorni successivi l’omicidio di John Kennedy, il dolore causato e quello stato psicologico che si è venuto a creare nella mente di una donna sola, con gli occhi di tutto il mondo addosso.
Neruda è un film straordinario, comincia sfottendo i comunisti, quegli stessi comunisti che da lì a poco verranno messi fuorilegge, una voce fuori campo spiega dettagliatamente i sentimenti nei confronti degli intellettuali di sinistra: ambigui e paradossali. La dispettosa voce appartiene a Óscar Peluchonneau, un poliziotto incaricato di catturare ed arrestare Neruda fuggiasco. Il personaggio del detective è frutto della fantasia di Neruda stesso, la voce narrante è Neruda: un eccentrico, libertino puttaniere, amante del travestimento. Una personalità che sguazza in una scenografia speciale fatta di ambienti finto decadenti tra canti, balli e poesia; in una fantasmagorica visione dove ogni estraneo, incapace di capire la magia della poesia, non può che appartenere alla famiglia delle bestie e per questo interdetto all’ebrezza di tanta suggestione: ci si capisce solo tra uomo e uomo, tra artista e artista. 
Larraín prova a raccontare un artista complesso e infinito, consapevole dell’impossibilità di essere esaustivo, disinteressato ad una spiegazione scolastica e didascalica, malgrado la presa di posizione non neutrale sulle idee politiche del poeta, anzi la fantasia galoppa ma questo è il valore del film. Lasciare che le atmosfere create ipnotizzino lo sguardo su una realtà sociale che deve ancora concretizzarsi. Siamo solo alla proto dittatura e l’idea di libertà che incarna il poeta sembra giocare con le scimmie ammaestrate dalla potenza imperialista americana. (Lemmy Ventura)


PRESSBOOK_________________________


INTERVISTA CON PABLO LARRAIN


Perché Neruda?
Pablo Neruda è stato un creatore talmente complesso e vasto, praticamente infinito, che è quasi impossibile collocarlo in una singola categoria, o raccontarlo in un solo film, capace di capire e definire la sua personalità o la sua opera, in maniera immediata e rapida.
E’ per questo che abbiamo scelto la storia della sua fuga, delle indagini e della leggenda letteraria. Per noi, Neruda è un falso biopic. E’ un biopic che non è veramente un biopic perché non ci siamo assunti il compito di fare un ritratto del poeta che fosse totalmente serio. Semplicemente perché ciò è impossibile.
Piuttosto, abbiamo deciso di costruire un film mettendo assieme elementi inventati e giocosi. In questo modo, il pubblico potrà librarsi assieme a lui nella sua poesia, nella sua memoria, e nella sua ideologia comunista, tipica della Guerra Fredda.



Quali sono le esperienze che Neruda fa, come artista, degli eventi del Cile degli anni ’40, e come affronta lei questo aspetto?
Nel corso della sua fuga Neruda ha scritto una buona parte di “Canto General” che probabilmente è il suo libro più massiccio, completo e rischioso, ispirato da tutto quello che aveva visto e vissuto nel corso della sua fuga. I suoi scritti sono pieni di rabbia e di voli della fantasia, sono pieni di sogni
terribili e di una descrizione cosmica dell’America Latina in stato di crisi – sono scritti furiosi e disperati.
Mentre era in fuga Neruda ha costruito un tomo letterario che parla della guerra, della rabbia e della poesia, che ci ha aperto le porte su un’indagine selvaggiamente immaginaria, perché – come il poeta e la sua opera – il film crea una confluenza tra arte e politica, da un punto di vista cinematografico e
letterario.



Come mai ha scelto la fuga di Neruda?
Neruda amava le storie poliziesche – è per questo che il film è un road movie arricchito dall’elemento delle indagini della polizia – un genere che implica cambiamenti e personaggi che si evolvono e, nel nostro caso, elementi della farsa e anche dell’assurdo. Vediamo il paesaggio, e tutto il movimento all’interno di esso, come un processo trasformativo e illuminante . Nessuno rimane esattamente com’era all’inizio, né il cacciatore, né la preda.
Abbiamo inventato un mondo, esattamente come Neruda ha inventato il suo.
Il film che abbiamo fatto è più un film “Nerudiano” che un film su Neruda; o forse è entrambe le cose. Abbiamo creato un romanzo che ci avrebbe fatto piacere che Neruda leggesse.



INTERVISTA CON LUIS GNECCO

Cosa significa per lei interpretare un personaggio così famoso come Neruda?
Per spiegare cosa abbia significato per me affrontare l’interpretazione del personaggio di Neruda, credo sia interessante riflettere prima su cosa significhi interpretare una persona realmente esistita. Interpretare qualcuno per me significa collocarsi su una linea precisa, una linea che è stata già tracciata, piuttosto che affrontare la sfida di tracciare da me quella linea, ed è esattamente quello che è successo in questo caso.
Recitare secondo me implica il fatto di mettere assieme tutto il materiale disponibile col quale quella linea viene tracciata, e poi essere disponibile a difendere quella linea e a modificarla all’occorrenza, allo scopo di stabilire un dialogo.
E’ questo il processo, sempre pericoloso, all’interno del quale vive un attore, ed è da questo che trae energia. Perciò, partendo da questo punto di vista, dire quel tipo lì “che interpreta Neruda” è sbagliato, secondo me.
Questo pensiero è scaturito dalla mia angoscia iniziale mentre iniziavo a intraprendere quest’avventura. L’idea stessa di cercare di afferrare la vastità della vita di questo gigante, la cui esistenza potrebbe facilmente essere l’epitomo del grande artista nella sua era, mi ha gettato in una sorta di stupore e confusione – dalle quali sono emerso quasi tremante, poco dopo aver grattato appena la superficie, anche solo lievemente – perché di più è praticamente impossibile – di un’infinitesima parte della sua vasta opera di una vita.
Neruda: sempre un paradosso, sensibilissimo, sensuale, edonistico e, allo stesso tempo, impegnato e attivo politicamente. Brillante e determinato sin dall’infanzia, a volte debole, o addirittura superficiale. Categorico, valoroso, avventuroso ed elegante. Sempre scintillante, benedetto dalla luce del genio e ispirato dalla musa della passione che, se esistesse davvero, nel suo caso sarebbe cieca e testarda.
Il significato di aver tentato di trovare la mia strada attraverso una biografia così vasta ed esuberante è semplice quanto lo è stato dire di sì al regista, dire ‘sì accetterei di farlo’; sapendo che anche solo accettando questa sfida stavo dicendo di sì anche alla possibilità trarne successive soddisfazioni.



Qual è stato il contributo di Pablo Larrain nella creazione del ruolo di Neruda durante le riprese?
Pablo Larraín è uno dei pochi registi e artisti in grado di comprendere il modo in cui i suoi attori s’immergono in una sceneggiatura e affrontano una storia. E’ capace di immaginare dove s’immergeranno e da dove riemergeranno.
La sua generosità costante consiste nell’invitarti da un luogo molto empatico a unirti a lui in quest’avventura.
Quel luogo è empatico poiché sgorga dalla sua intima esposizione.
Perciò, ogni giorno, quando ti presenti sul set ti misuri con un lavoratore instancabile che t’invita a tessere una tela con i materiali che tu hai portato con te; quindi tu tessi e ritessi, fino a che non ottieni una stoffa in cui le asole non sono quelle che ti aspettavi e non si trovano dove avevi scelto che fossero. Come ho già detto, la mia angoscia iniziale riguardo al fatto di affrontare questo ruolo e di dover trovare una proposta da fare al regista per l’interpretazione di questo personaggio (assumendo che sia anche solo possibile in questo caso) è stata spazzata via dalla generosa ammissione che lui stesso mi ha fatto quando mi ha detto che non aveva piani prestabiliti; che
tutto quello di cui aveva bisogno era la mia determinazione e la mia fiducia nel fatto che, anche se il tessuto sarebbe stato tessuto e ritessuto migliaia di volte, dovevamo essere entrambi attivamente coinvolti in questo progetto, dalla prima all’ultima asola.



Com’è stato lavorare assieme a Mercedes Morán e Gael García Bernal?
Lavorare assieme a Gael è sempre un’esperienza rinfrescante. La sua versatilità lo rende un attore di grande valore. E’ riuscito a scivolare senza alcuno sforzo nel gioco della sceneggiatura – dove il suo personaggio prende vita dalle parole del poeta, mentre cerca di costruire la sua eternità. Quello
che né Neruda né la sceneggiatura prevedevano è che la creazione prende vita sul confine tra il ridicolo e la disperazione. Solo un attore dotato di fiducia in se stesso e di talento come lui avrebbe potuto affrontare un gioco così subdolo e audace con una tale compostezza. E’ un attore che ama la sua arte e che è disponibile e sempre sorprendente. E’ un attore intelligente ed entusiasta, sempre attento emozionalmente. Sarà sempre un piacere per me dividere un set con lui.
Il Neruda che io interpreto qui è, sotto molti punti di vista, il frutto della Delia (La Hormiga, “la formica”) che Mercedes Morán ha costruito.
La Moràn è un’attrice magnifica, che lavora in silenzio, con enorme concentrazione. E’ un’attrice dotata di risorse sorprendenti, capace di gestire sottigliezze impercettibili, come non ho mai visto fare da altri.
La sua interpretazione della pittrice aristocratica argentina, che ha gran parte del merito di aver reso il poeta quello che è diventato, è tanto realistica quanto emozionante. Giorno dopo giorno, condividere il set con lei era come assistere a una masterclass, a una lezione di affidabilità e moderazione davanti alla macchina da presa.
Per riassumere, non so se questo metodo che ho scelto sia quello giusto, ma so che è ancor più ricco grazie alla presenza di questa infaticabile, strepitosa hormiga che ha il nome di Mercedes Morán.



INTERVISTA CON GAEL GARCÍA BERNAL


E’ la seconda volta che lavora con Pablo Larraín.Com’è stata questa esperienza? Com’è venuto a conoscenza di questo progetto?
La prima volta è stato come essere paracadutato in una famiglia cinematografica già ben assortita e formata. A iniziare dalla curiosità e dall’istinto di Pablo Larraín, tutti quanti mi hanno fatto sentire parte di un gruppo creativo che aveva bisogno di un “outsider” che si unisse a loro nel film No - I Giorni dell’Arcobaleno. Questa volta, con Neruda, la famiglia – che è ancora cinematografica, orgiastica, brulicante, e altamente professionale – si è radunata di nuovo assieme per creare questo carnevale inspirato all’opera di Neruda. Parlo solo della sua opera, perché nella vita di un poeta di tali dimensioni le opere sono la creazione della sua vita. Pablo Larraín è un regista che conosce molti di noi piuttosto bene, e devo aggiungere che questo è un gruppo di persone simpatiche e di grande talento.
Molto spesso ci ha osservati mentre ci assumevamo dei rischi incredibili sul set e, spesso, ci ha visti molto arrabbiati in sala montaggio. Per questa ragione, e grazie all’amicizia che si è formata tra tutti noi, sia sul set che fuori, ha potuto misurare il nostro potenziale. Grazie alla sensibilità e alla gentilezza del nostro regista siamo riusciti a immergerci in questo film di proporzioni epiche, trans-Andino, fatto di campi innevati e di persecuzioni, imperniato sull’aspetto più subdolo e sublime che è la poesia. Senza dubbio, ci sono davvero pochi registi dotati del coraggio e del talento necessari per tuffarsi in questo oceano così profondo della creazione, dove ci si aspetta sempre che faccia molto freddo.
Pablo Larraín sembra sempre riuscire a trovare un’altra dimensione a quello che inizialmente appare così impenetrabile.




Come ha affrontato questo personaggio, del segugio che si fonde con la sua preda, che ha bisogno della sua preda, così come la preda ha bisogno di lui?
Sono sempre più certo che quando una questione è interessante, pericolosa e appassionata, il corpo sia il primo a rispondere. E’ dal corpo – o attraverso la caratterizzazione, per dirla con termini più professionali – che Peluchonneau ha preso forma. Tutto parte dal suo desiderio di essere “un grande poliziotto” sebbene sia un bastardo; è un personaggio da film noir, senza passato e senza futuro, un poliziotto capace di dormire mentre sta in piedi, è un personaggio vestito sempre allo stesso modo, con un occhio mezzo chiuso, che non rispetta le normali convenzioni del “Salve, come sta?”, tantomeno le risposte che dovrebbero seguire.
Assieme a Pablo Larraín abbiamo discusso del personaggio a lungo, e si potrebbe dire che questo corpo ha assunto una sua anima nel momento in cui abbiamo deciso che il personaggio sarebbe stato figlio di una prostituta. Ilpariah, o l’esule, ritorna per farsi un nome, per crearsi un’identità
misurandosi con un creatore di momenti di vita come Neruda.
Che fa un poliziotto per odiare un poeta? Ne rimane affascinato. Egli è l’archetipo del conservatore del dopoguerra, e più specificatamente è qualcuno che ha accettato la sconfitta con profondo risentimento, con tutte le insicurezze. E’ stata questa la chiave per trovare la scintilla che ha ispirato il personaggio di Peluchonneau.


Come si colloca questo film rispetto alle tendenze cinematografiche attuali?

Credo ci siano davvero pochi film come questo nel panorama attuale. Non mi riferisco al fatto di fare un biopic tratto liberamente dall’opera di un autore\soggetto. Parlo specificatamente del tema controverso che questo film affronta: la parola poetica. Il Cinema è un luogo fantastico per l’emozione e per le sue conseguenze intellettuali e narrative. Non dipende dalla parola per essere ciò che aspira a essere. Tuttavia, il punto d’inizio di questo film è la parola, la parola pericolosa che ti fa innamorare, capace di creare nuovi mondi. I personaggi nel corso dell’azione del film vengono catturati nel bel mezzo di un tifone. Soffrono perché non riescono a liberarsi delle costrizioni della creazione poetica. E ovviamente il poeta è colui in grado di leggere quel linguaggio, e capace di riportarlo sulla terra, trasformandolo al contempo in mito e verità. Non riesco a pensare a un altro film come questo nel panorama attuale, soprattutto non uno capace di navigare in acque di questo genere, offrendo allo stesso tempo grande intrattenimento, come accade in Neruda.  



INTERVISTA CON MERCEDES MORÁN

Cosa vede Delia in Pablo Neruda?
In Pablo, Delia vede l’amore della vita. Prova un amore incondizionato per lui, quasi materno. Inoltre, essendo lei stessa un’artista riesce ad apprezzare il talento del poeta.
Lavora come sua assistente, la sua mano destra, partecipando alla revisione della sua opera con curiosità: si sente praticamente come una co-autrice di “Canto General”.
E poi si dedica ad accompagnarlo come donna e come compagno militante.

Che influenza hanno le idee di Delia nel ruolo politico di Neruda?
Le idee di Delia influenzano profondamente Pablo, poiché lei è quella che in qualche modo lo convince a unirsi al Partito Comunista. Questa è la sua ideologia, che lei ricollega all’Intellighenzia Internazionale, con la quale aveva dei collegamenti diretti. In Spagna, Delia prende Pablo per mano e lo mette in contatto con i suoi amici Garcia Lorca e Picasso, e funge da intermediaria tra questi artisti nel corso dei tormentati anni della Rivoluzione.
Diventa la migliore ambasciatrice di Neruda nei confronti dell’elite intellettuale europea.

Cos’è più importante per Neruda: Delia, la sua carriera politica o la sua poesia?
Neruda, che è conscio della sua posterità, metteva la costruzione della sua carriera al di sopra di ogni altra cosa. Amava Delia, ma non più di quanto amasse se stesso.
Il suo lato egoista si è rivelato nel corso della loro relazione, e l’estrema comprensione che lei gli dimostrava, nonostante tutte le sue scappatelle, ha finito per renderlo ancora più insoddisfatto. Quando lui decide di mettere fine alla loro relazione lei è devastata. Ne rimane impoverita sia

spiritualmente che materialmente, poiché la sua intera fortuna, grande come il suo amore, l’aveva messa a disposizione di Pablo, della sua carriera, e del Partito.

























PRIVATE CLOUDS_____________________


Collection
Note - sonoro:
Dolby Digital 5.1 (italiano)
Dolby Digital 2.0 (italiano, originale)
- sottotit. (italiano, NU)
- formato video: 2,35:1 (widescreen 16:9)
- zona: 2
Provenienza CG Entertainment
Extra trailer
Supporto DVD
Data 13/04/2017
Arch. 366









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