Loveless


Vorrei partire col citare “Limonov” di Carrere che a sua volta cita Vladimir Putin ma non lo farò, ora. Il film Loveless di Andrej Petrovič Zvjagincev indaga nella, e sulla, Russia contemporanea, la stessa Patria che ha visto trasformarsi sia Limonov che Putin ma soprattutto, e anche, il popolo (antipatico sostantivo) russo in poco più di vent’anni. Salta subito agli occhi come le cose non siano proprio migliorate, sicuramente cambiate, trasformate, edulcorate, leccate, profumate, abbellite ma non migliorate. Una speranza (illusione di un sogno) per tanti è ora la brutta copia di un Occidente opulento ma vuoto, de-saturato: una società priva di senso estetico, sempre più omologata e tristemente attratta dagli stessi idoli, patetici e banali, che hanno affascinato anche tutte le nostre masse, poco critiche, inglobate nei nostri territori ai confini del nostro Impero; la forza della globalizzazione, tendenze ed idee “omologate”.

« Voglio solo essere felice» (neanche che la felicità sia cosa dovuta, inserita automaticamente nella dotazione fornita agli umani al momento della venuta al mondo). Quando la mamma del bambino indesiderato elabora questa sfortunata battuta, forse crede che se la classe sociale d’appartenenza è di quelle giuste tutto le sia dovuto. Pace, bene e smartphone.
Invece tutto è molto più complicato, anche la classe sociale “giusta” possiede regole da rispettare, chi divorzia rischia il posto di lavoro nell’azienda simil-fantozziana dove i dipendenti sanno di dover adulare i propri superiori. Mentre le classi sociali “sbagliate”, per rimanere a galla, credono che per tirare avanti può essere utile eliminare fisicamente i propri figli e denunciarne poi la scomparsa. Ovviamente sono i casi limite, però questo denota quell’ingenuità figlia di assurde aspettative che non sono automaticamente collegate ad un presunto benessere “capitalistico”.
«Mi hai inondata di promesse e mi hai invece dato solo una vita schifosa, ma avevo bisogno di scappare da mia madre». Una madre dispotica e non proprio amorevole: metafora della Grande madre Russia (URSS) che fu prigioniera della dittatura, delle ristrettezze, e da un sistema che privava delle libertà. Condizione insostenibile. Alla prima occasione buona si concretizza una fuga che nella realtà diventa una vera e propria rivoluzione mai combattuta ma che non ha prodotto quanto ci si aspettava o si sperava.
«Stanno costruendo una chiesa qui vicino» dice la donna che spera di convincere i possibili acquirenti dell’appartamento.
«É una cosa buona» risponde l’aspirante acquirente.
Questo minimo dialogo fa impressione, la nuova Russia cerca di recuperare il tempo perduto per troppi anni senza spiritualità, la quale, evidentemente ha procurato una specie di anemia dell’anima. Questo, però, non ha prodotto una qualche evoluzione, un punto da dove ripartire ma ha causato la tipica devoluzione di chi in fondo non sa che pesci pigliare preferendo una guida basata sulla credulità fantastica.
Il passato, il presente e il futuro dell’ex “impero del male”, dove il passato ora permane solo nella nostalgia di pochi “romantici” rinnegati e sfottuti da chiunque, i vecchi simboli si sono trasformati in miseri bersagli per perdenti rancorosi ed ignoranti; del presente ho già detto e il futuro appare incerto come il destino di un bambino misteriosamente scomparso in un parco della lontana e sperduta periferia di una città, dai sentimenti addormentati.

〜 〜 〜

Loveless per molti critici e non critici è considerato il vincitore morale del Festival di Cannes. La Palma d’oro è stata invece assegnata al, per me comunque interessante, The Square di Ruben Östlund.

Candidato all’Oscar per la Russia come miglior film straniero.


regia
Andrey Zvyagintsev

sceneggiatura
Oleg Negin
Andrey Zvyagintsev

fotografia
Mikhail Krichman

montaggio
Anna Mass

musica
nome cognome

scenografia
Andrey Ponkratov

costumi
Anna Bartuli

trucco
Galya Ponomareva

suono
Andrey Dergachev

musica
Evgueni Galperin
Sacha Galperin

interpreti
Maryana Spivak… Zhenya
Aleksey Rozin… Boris
Matvey Novikov… Alyosha
Marina Vasilyeva… Masha
Andris Keiss… Anton
Aleksey Fateev… il coordinatore
(…)

produttore
Alexandre Rodnyansky
Serguey Melkumov
Gleb Fetisov (co produttore)
Vincent Maraval (esecutivo)
Pascal Caucheteux (esecutivo)
Gregoire Sorlat (esecutivo)

direttore di produzione
Ekaterina Marakulina

produzione
Non Stop Productions
Why Not Production
Arte France Cinema
Westdeutscher Rundfunk
Les Films du Fleuve
Fetisoff Illusion
Senator Film Produktion

distribuzione internazionale
Wild Bunch

distribuzione italiana
Academy Two



...

Andrey Zvyagintsev







note di regia
(pressbook)

Mi piacerebbe riuscire a tracciare delle linee di collegamento tra Loveless e il film di Ingmar Bergman Scene da un matrimonio, trasposto in un epoca diversa e recitato da altri personaggi: cittadini contemporanei, privi di qualsiasi forma di autocoscienza o dubbio, una coppia della classe media della Russia di oggi. Stanchi l’uno dell’altro dopo tanti anni di matrimonio, un uomo e una donna decidono di divorziare. Una situazione come tante altre ... Solo che entrambi hanno già nuovi progetti di vita. Desiderano voltare pagina. Iniziare un nuovo capitolo della loro vita, con un nuovo partner e nuove emozioni che li possano far sentire finalmente completi e pieni di buoni propositi per il futuro.
L’esperienza passata ha minato un po’ la loro fiducia ma sono ancora
carichi di aspettative per il futuro. Quello che rimane da fare è liberarsi del fardello che si frappone tra loro e la felicità: il figlio Alyosha, un estraneo per entrambi, che diventa uno straccio che si lanciano con rancore uno in faccia all'altro.
Voglio che sia diverso: non voglio ripetere gli errori che mi hanno portato a questa delusione; voglio un nuovo inizio” – è quello che pensano tutti quelli che si vergognano dei propri fallimenti. Alla fine, l’unica cosa che puoi realmente cambiare è te stesso. Solo dopo averlo fatto il mondo che ti circonda tornerà a splendere di nuovo.
Questa era postmoderna è una società post-industriale inondata da un continuo flusso di informazioni ricevute da individui che si interessano alle altre persone sporadicamente e solo per ottenere qualcosa in cambio. Ogni individuo pensa solo a se stesso.L’unico modo per potersi sottrarre a questa indifferenza è quello di sacrificare se stesso per gli altri, anche per persone estranee, come il
coordinatore dei volontari che perlustra il paese per cercare il bambino scomparso, senza ricevere nessuna ricompensa, come se questo fosse l’unico scopo della sua vita. Uno scopo che dà senso ad ogni sua azione.
Questo è l’unico modo per combattere la brutalità e il caos del mondo.




Maryana Spivak (Zhenya)



Roberto Manassero, Dalla Russia, senza amore, in Film Tv, n° 50, 12 dicembre 2017, p. 17

(intervista a Andrey Zvyagintsev)
«...chiudi il film con l'immagine della madre che corre su un tapis roulant e la scritta "Russia" della felpa ben visibile.

- Molti hanno considerato quel finale come una metafora di un paese che corre sul posto senza spostarsi. (...) Avevo vestito la protagonista in quel modo perché all'epoca, nel 2015, quella tuta andava di moda soprattutto tra la gente abbiente, e quindi era un modo ironico per indicare l'evoluzione sociale del personaggio.»



Matvey Novikov (Alyosha)


Roberto Manassero, Dalla Russia, senza amore, in Film Tv, n° 50, 12 dicembre 2017, p. 17

(intervista a Andrey Zvyagintsev)
«Per Loveless non abbiamo ricevuto finanziamenti statali, dal momento che l'esperienza con Leviathan era stata troppo problematica. Ma è stata una decisione unilaterale e solo nostra (...)»



Aleksey Rozin (Boris)



Loveless vince due dei primi sette European Film Awards

di Cineuropa
- L’EFA ha svelato i vincitori dei premi nelle categorie Fotografia, Montaggio, Scenografia, Costumi, Trucco e Acconciatura, Musica e Suono europei



 







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